- Copertina flessibile: 206 pagine
- Prezzo copertina: 16,00
- Editore: Damster
- ISBN-13: 9788868105976
Undicesima indagine per l’investigatrice privata Stella Spada.
Tre casi da seguire assieme al suo stagista Giacomo e a un nuovo acquisto involontario, il pensionato Antonio. Casi che si intersecano e si confondono tra loro.
In questo libro Stella scopre alcuni luoghi molto misteriosi disseminati sul territorio bolognese: le antiche ghiacciaie, all’interno delle quali si consumano riti antichi e crimini moderni.
Stella riuscirà, nel suo stile molto personale, a venire a capo di misteriose sparizioni tra rituali esoterici e sette segrete.
Fantasmi di ghiaccio
disponibile dal 1 maggio 225
Dettagli prodotto
Primo capitolo
Undicesima indagine per l’investigatrice privata Stella Spada.
Tre casi da seguire assieme al suo stagista Giacomo e a un nuovo acquisto involontario, il pensionato Antonio. Casi che si intersecano e si confondono tra loro.
In questo libro Stella scopre alcuni luoghi molto misteriosi disseminati sul territorio bolognese: le antiche ghiacciaie, all’interno delle quali si consumano riti antichi e crimini moderni.
Stella riuscirà, nel suo stile molto personale, a venire a capo di misteriose sparizioni tra rituali esoterici e sette segrete
— Ho caldo, caldissimo, non ne posso più — dico spalmata sul divano in finta pelle che il sudore mi fa attaccare alla schiena. Boccheggio come un pesce fuori dall’acqua, incapace di muovere un muscolo.
— Guarda che un condizionatore non costa poi così tanto, potresti permettertelo persino tu.
Mi volto a guardare Silvia, fresca come una rosa, senza una goccia di sudore, appollaiata graziosamente sulla mia scrivania in costume da bagno e pareo abbinato. Le lunghe gambe lisce e abbronzate si muovono alternativamente, spostando appena l’aria. Un moto di stizza mi sale dallo stomaco e mi fa sudare ancora di più.
— Non posso fare buchi nel muro, questo è un palazzo storico, inoltre sono in affitto, dovrebbe farlo la padrona di casa.
— Tutte scuse, almeno un ventilatore lo potresti mettere.
— Lo sai che l’aria che ti arriva sempre nello stesso punto fa malissimo? Poi chi la sente la cervicale? Certo, tu non hai niente a che fare con questi problemi di noi poveri umani.
— Sì, lo so. E so anche che questo succede per colpa tua.
Un’altra vampata di caldo mi abbatte.
— Non è bello rinfacciare gli errori alle persone, poi ti ho già chiesto scusa varie volte mi pare.
Mi sventaglio pigramente con un foglio di carta, non ricordo di avere mai vissuto un’estate così calda in passato, di solito le spesse pareti di queste case antiche tengono il fresco, ora pare abbiano smesso di funzionare.
— Si chiama menopausa, sono vampate di calore che poi passano.
— Cosa dici, non sono ancora arrivata a quell’età. È proprio il clima che è impazzito, oppure il sole che si è avvicinato, o qualcosa del genere. Ma che ne puoi sapere tu che sei sempre giovane e il sudore non sai nemmeno cosa sia.
Non la sopporto più Silvia, sempre qui a ricordarmi i miei errori e le mie mancanze. Eppure, temo che dovrò rassegnarmi alla sua presenza fino alla fine dei miei giorni. È un rimorso che mi perseguita. È un fantasma che mi tormenta, era la mia datrice di lavoro, ex proprietaria dell’agenzia investigativa che mi ha assunta, e io per ringraziarla l’ho uccisa. Me lo merito, lo so, e mi merito anche di peggio. I nostri errori finiscono per tormentarci in eterno, si chiama coscienza. A volte invidio chi ne è completamente privo, almeno potrei stare qui a sudare in pace senza nessuno che mi rigiri il coltello nella piaga.
Mi chiamo Stella Spada e sono titolare dell’omonima agenzia investigativa con sede in via dell’Inferno, suggestivo vicoletto del ghetto ebraico, proprio di fronte alle Due Torri nel centro di Bologna. La mia è un’agenzia molto piccola, ci sono io e il mio aiutante stagista tuttofare Giacomo, che da qualche tempo mi supporta nelle indagini perché vuole imparare il mestiere. Tesoro, che tenerezza mi fa, chissà che fascino ha ai suoi occhi questo lavoro, e chi sono io per disilluderlo? Tutto il suo entusiasmo è molto conveniente per me, mi consente di usufruire del suo aiuto e di non pagarlo. Qualche volta gli affido casi minori, con i relativi compensi. Più di frequente gli affido il cane da portare a passeggio.
A proposito di cane, Lelia mi guarda con il guinzaglio tra i denti scodinzolando.
— No Lelia, non adesso. Ma non puoi aspettare Giacomo? Io ho già caldo a quest’ora della mattina, figuriamoci se riesco ad alzarmi da qui per portarti fuori.
— Bau!
Il problema è che se non la porto fuori questa mi lascia qualche ricordino sparso per l’ufficio, poi chi la sente l’Alda?
Come evocata dal mio parlare con Lelia il rumore della chiave che apre la porta e un grattare di unghie sul parquet mi fanno capire che la mia vicina sta entrando nello studio assieme a Filippo, il suo cane San Bernardo. Ma è possibile che io non abbia mai la possibilità di rimanere un momento in pace con me stessa e i miei rimorsi? Mi stacco dal divano e cerco di riprendere un contegno.
— Buongiorno Alda, non ti sembra che oggi sia più caldo del solito?
— Oh, Stella. Hai dormito sul divano? Non credo che qui sia più fresco che in camera tua. Comunque ti facevo già fuori per la passeggiata di Lelia.
— Ecco, a questo proposito Alda cara, volevo chiederti: non potresti farmi il favore di portarla tu? Io ho veramente così tanto da fare che non posso muovermi dallo studio.
Per tutta risposta Alda mi allunga il guinzaglio del San Bernardo.
— Ecco, da brava, già che ci sei porta anche Filippo così io posso fare le pulizie con più tranquillità. Guarda che confusione, e per fortuna che ci sei solo tu, sembra che qui ci viviate in dieci.
Io e i miei fantasmi siamo anche di più, ma questo non glielo dico. Chissà perché la gente non fa mai quello che le chiedo, soprattutto l’Alda. Può permetterselo, lo sa che non potrei vivere senza di lei, e non è solo per le pulizie che fa nello studio, per le casseruole di lasagne che mi lascia in cucina, per i peli e la bava di Filippo in giro per le stanze, ma è soprattutto per la sua amicizia e la costante presenza. Quante volte mi sono risollevata nei momenti bui solo perché spronata dalla mia stravagante vicina?
Mi alzo come un automa e afferro il guinzaglio di quella enorme palla di pelo che è il cane dell’Alda. Lelia mi segue scodinzolando con il suo tra i denti, la mia cagnolina non ama essere condotta, semmai si conduce da sola.
Esco nel vicolo trascinata dalle bestiole, sembra siano loro a portare fuori me. Una barriera di caldo e afa mi schiaccia appena uscita dal portone, sono solo le otto di mattina. E meno male che nel vicolo il sole non arriva mai, purtroppo in questi giorni nemmeno l’aria circola tanto, sembra immobile come fosse solida.
I cani mi conducono da Benito, il bar del vicolo, l’unico posto dove valga la pena dirigersi. Mi accascio accanto a un tavolino sotto il portico, lasciando le due bestiole libere di aspirare le briciole delle paste cadute per terra di chi ha fatto colazione prima di me. Benito mi apostrofa con un argomento originale.
— Buongiorno Stella, fa un bel caldo anche oggi, vero?
Non ho fiato sufficiente per rispondergli, la saliva evapora appena apro la bocca.
— Meno male che qui nel vicolo davanti al mio bar tira un po’ di corrente.
— Non so di cosa tu stia parlando. Portami due caffè che provo di connettere i pochi neuroni che mi sono rimasti.
— Sì, tu bada a tenere al guinzaglio quei due, non gli fa bene leccare per terra, prendono delle malattie.
— Se tu spazzassi ogni tanto non ci sarebbero le briciole.
— Per tua informazione io spazzo di continuo, è la gente che è maleducata.
Poi si rivolge alle creature.
— Venite con me belli che vi do qualcosa di buono io.
— Lascia stare, non va bene che mangino i croissants.
— Sono integrali.
Mi arrendo, i cani seguono sorridenti Benito nel bar, spero solo che non lo venga a sapere l’Alda altrimenti mi toglie Lelia e non me la rende più. Che potrebbe anche essere un vantaggio.
Rimango al tavolino cercando di captare un refolo sottile che percorre il vicolo, tanto sottile che non lo sento proprio. L’estate a Bologna è terribile: caldo, afa, la gente che parte verso mete più fresche, i turisti che rimangono in giro incuranti del clima torrido, e io che non vedo l’ora che cominci l’autunno.
I due caffè che mi porta Benito fanno il loro effetto, e mi rendo conto che il mio stagista è in ritardo, a quest’ora dovrebbe essere già in ufficio con le brioches del forno.
— Adoro l’estate, è veramente bella, non ti pare Stella? Meno traffico in giro, meno lavoro, le vacanze in arrivo, le giornate lunghe, gli eventi serali. È di gran lunga la mia stagione preferita.
Mi giro per vedere chi ha pronunciato il mio nome ma soprattutto chi ha detto un sacco di sciocchezze.
— Scusami, ci conosciamo?
— Ma certo che ci conosciamo, ci vediamo tutte le mattine qui al bar, posso sedermi? — mi dice spostando la sedia accanto al mio stesso tavolino.
— No, è occupata, sto aspettando una persona.
Non mi sforzo nemmeno di sembrare educata, e poi deve arrivare Giacomo. L’uomo si siede al tavolo vicino ma non smette di parlare.
— Mi presento, mi chiamo Antonio Anderlini, sono professore di storia all’Università di Bologna, ora in pensione, nello specifico sono appassionato di Bologna e di tutto quello che riguarda il suo passato. È una città che offre sempre nuovi spunti di riflessione, ma tu lo sai che quel buco nel muro laggiù …
Il mio udito selettivo ha escluso la voce di Anderlini dalle frequenze che possono raggiungere il cervello, cosa che non posso reggere a lungo, ma per fortuna vedo arrivare Giacomo, sorridente e saltellante, di ottimo umore come sempre, ma come farà mi chiedo? Non ha mai nessun problema questo? E dire che non gli do nemmeno lo stipendio.
— Oh, Giacomo, ti sembra questa l’ora di arrivare? Credevo che avessi deciso di abbandonarmi per impieghi più remunerativi.
— Buongiorno Stella! Che splendida giornata oggi, non ti pare? Ma chi ti molla, sappi che non ho nessuna intenzione di lasciare l’Agenzia, sto diventando un investigatore e mi sta piacendo pure molto, grazie a te.
Ma che peccato, eppure peggio di così non so come comportarmi per indurlo ad andarsene, non posso nemmeno licenziarlo.
— Buongiorno professore, tutto bene?
Giacomo si rivolge al mio insolente vicino di tavolo. Mi avvicino al suo orecchio per mormorare: — Lo conosciamo?
— Ma certo, il professore è sempre qui al bar, è conosciutissimo in città. Tiene spesso conferenze sulla storia di Bologna, molto interessanti. È impossibile che tu non lo abbia mai visto.
Provo a dargli un’altra occhiata, la mia memoria sta navigando in un mare bollente e si rifiuta di lavorare. Sarà pure conosciutissimo, ma ancora non ha smesso di parlare pure se non gli rispondo.
— Senti Giacomo, sbrigati a fare colazione così saliamo in ufficio, che qui la temperatura sta diventando insopportabile, inoltre dobbiamo pure cominciare a lavorare, sempre che il professore ce lo consenta.
Dico alzando la voce e lanciandogli un sorriso sghembo simile a un ghigno, che lui ricambia mostrandomi una splendida dentatura. Devo ammettere che è un uomo piuttosto affascinante questo professore, pure se molesto.
Ci alziamo e ci dirigiamo verso il portone, Giacomo si è infilato un intero cornetto in bocca. Fatti pochi passi sento Benito che mi chiama.
— Segna sul mio conto Benito, sai che ti pago a fine mese, come al solito.
— E intanto di questi due cosa me ne faccio?
Sta tenendo per il collare Lelia e Filippo che si leccano ancora i baffi dalle briciole dei croissants, integrali. Giacomo chiama le due bestiole che gli corrono incontro festose ed eccitate. Quanta energia sprecata.
Prima di entrare dal portone mi fermo a guardare la targa in ottone che brilla nell’oscurità del vicolo: “Agenzia Investigativa Spada”: che soddisfazione! Tolgo un invisibile granello di polvere dalla sua superficie e mi segno mentalmente di dire all’Alda di lucidarla meglio, poi seguo stagista e cani su per le scale.
Mi rendo conto che non ho portato in giro questi ultimi per consentire loro di espletare i bisogni fisici solo nel momento in cui si accosciano sullo zerbino dell’Alda all’unisono per farli.
— Credevo che il giro l’avessi già fatto, e adesso che gli dici all’Alda?
— Non devo dirle proprio niente, anzi non dobbiamo, e guai a te se ti lasci scappare un fiato in merito.
Giacomo fa il segno di chiudersi la bocca con una cerniera e procediamo verso il piano di sopra.
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