LA PRIMA INDAGINE DELL'INVESTIGATRICE STELLA SPADA!

NOTA DELL’AUTRICE

Questai è la riedizione della prima indagine dell’investigatrice privata bolognese Stella Spada, pubblicata alla fine del 2012 dalla casa editrice Damster nella collana Il diavolo probabilmente.
Il titolo originale che avevo pensato era Sfumature di grigio, ma mentre cercavo un editore che mi desse fiducia uscì il ben più famoso libro che parlava delle 50 sfumature, e quindi cambiai il titolo. Mi soddisfa molto quest’ultimo, perché il mio personaggio nasconde di sé molte ombre, oscurate dalla luce della sua Stella.
Questo è un libro speciale, al quale sono particolarmente affezionata perché ha dato inizio a una serie di indagini (nove a tutt’oggi) che mi hanno dato tantissime soddisfazioni, inoltre descrive come nasce il personaggio Stella Spada e spiega cosa ha provocato, nella sua vita tranquilla, una tale rottura a causa della quale è diventata la cinica investigatrice che oggi tutti conosciamo.
Qui vengono tratteggiati alcuni personaggi che ritroveremo in tutte le indagini successive.
In questa riedizione è stata mantenuta l’immagine della copertina, un disegno di Simone Semprini che mostra il posto, lungo il Canale di Reno di Bologna, dove Stella incontra il primo cadavere della sua vita.
La nuova veste grafica è quella che la casa editrice Edizioni del Loggione/Damster ha ideato per la collana “I Gialli Damster”, inaugurata nel 2019 con la prima uscita che è proprio un libro della Stella Spada: Il nano rapito.

Un morto di troppo

Dettagli prodotto

  • Copertina flessibile: 260 pagine
  • Prezzo copertina: 15,00
  • Editore: Damster
  • ISBN-13: 978-88-6810-563-1

 


Primo capitolo

Stella. I suoi genitori la chiamarono così per i suoi colori luminosi: capelli biondi, occhi azzurri, pelle chiara. Quando venne al mondo, all’Ospedale S. Orsola di Bologna, sembrava fosse nata già con quel nome addosso. Poteva chiamarsi solo Stella e in nessun altro modo. Dopo tre figli maschi l’arrivo di una bambina portò davvero una luce nuova nella casa, e Stella rifulgeva, splendida e radiosa ogni giorno di più, per non deludere le aspettative dei suoi genitori.
Era una bellissima bambina, coccolata e vezzeggiata da tutti, soprattutto da suo padre. Visse splendendo di luce propria per tutta l’infanzia, poi venne l’età in cui si cominciò ad accorgere che essere una femmina non comportava poi tutti questi vantaggi. I suoi fratelli maschi potevano uscire, rientrare tardi, avevano il motorino, la macchina, cose che a lei venivano promesse, poi posticipate, posticipate, e non arrivavano mai.
“Certo, ma loro sono maschi”. Dal primo momento che sentì pronunciare questa frase cominciò a sentirsi un po’ meno splendente, e la fulgida luce della sua stella cominciò ad affievolirsi, fino a diventare un buco nero. Iniziò a trasgredire, a fare cose proibite, anche se non erano divertenti. La cosa essenziale era attirare l’attenzione sul fatto che lei poteva fare qualsiasi cosa, ma proprio qualsiasi. Maschio o femmina che fosse. Per fortuna però Stella era nata intelligente, cosa che le ha permesso di superare brillantemente tutti gli anni scolastici, e soprattutto le ha permesso di frequentare pessime compagnie senza mai farsi coinvolgere in maniera irreversibile. Quando le sue frequentazioni passarono dallo spinello alle droghe pesanti lei prima continuò per un po’ con gli spinelli, poi passò ad altre amicizie. Così arrivarono gli anni dell’università. In casa la si vedeva raramente, provocando le lacrime di sua madre e le urla di suo padre. Frequentava perlopiù appartamenti nella zona universitaria, abitati da studenti, nei quali rimaneva per giorni, finché non sentiva il bisogno di un bagno tutto per sé, o di un nuovo ragazzo. Durante gli anni dell’università non dormì mai più di due o tre ore per notte. Le serate trascorrevano in osteria, per strada, a sentire musica a casa di qualcuno, a fumare spinelli a casa di qualcun altro, a cantare per i vicoli del centro di Bologna. Le poche volte che passava per casa sua erano sempre tragedie: di solito l’accoglieva sua madre che piangendo le diceva “Ormai sei una ragazza perduta”. Il significato di questa frase le rimase sempre piuttosto oscuro. Poi arrivava suo padre con la solita frase “Ti sei tarpata le ali”. I suoi genitori ormai le sembravano due marziani che si esprimevano in una lingua sconosciuta.
Nonostante i più foschi presagi dei suoi genitori Stella si laureò in Economia e Commercio con un voto discreto, senza nemmeno andare fuori corso, poi cominciò il lavoro di invio curriculum alle Società, e la durissima trafila dei colloqui. Stella odiava particolarmente presentarsi a questo tipo di colloqui. Il fatto di stare davanti a una persona che in pochi minuti aveva la pretesa di giudicarla era una cosa che la faceva veramente innervosire, e di questo ne risentiva in maniera drastica l’andamento del colloquio stesso.
Poi ci fu “quel” colloquio, in una società di software. Uscendo dai loro uffici Stella era sicura che non ci avrebbe mai più rimesso piede. Niente era andato per il verso giusto, recandosi lì aveva tamponato l’auto che la precedeva, che si era fermata improvvisamente nell’immissione in una rotonda, e naturalmente era arrivata al colloquio molto in ritardo e molto incazzata. Arrivare in ritardo a un colloquio di lavoro di solito è causa di esclusione immediata dalle liste delle persone da assumere, e questo Stella lo sapeva bene. Quindi, con la consapevolezza di essere già scartata a priori e di stare solo perdendo il suo tempo, aveva dato risposte seccate e sarcastiche al suo esaminatore, il quale le era risultato per giunta piuttosto antipatico e indisponente. Infatti rimase veramente stupita quando la richiamarono per un secondo incontro. Questa volta vi si recò con un anticipo di quasi un’ora, per essere sicura di arrivare puntuale nonostante gli inconvenienti che poteva incontrare sul suo cammino, e infatti rimase un’ora ad aspettare nel salottino all’ingresso. Quindi la convocarono per un terzo incontro, con il Direttore Generale. La prima volta che si era recata in quegli uffici si era comportata da vera stronza, quindi cominciò a convincersi che era proprio di questo che avevano bisogno. E se volevano questo, lei era perfettamente in grado di fornirglielo, a livelli eccelsi.
L’incontro con il Direttore Generale fu infatti positivo, e venne assunta come sua assistente.
L’inizio del lavoro d’ufficio rappresentò anche l’inizio del declino delle nottate in giro per i vicoli del centro di Bologna in compagnia degli eterni studenti universitari. Non era più possibile dormire due ore e presentarsi alle 8,30 puntuale in ufficio vestita, stirata e sorridente. Non era nemmeno pensabile passare la notte in casa di amici fino all’alba: doveva farsi una doccia, indossare vestiti puliti, truccarsi, e per fare questo doveva avere il suo bagno, il suo armadio, e la sua camera a disposizione. Poco alla volta cambiò il suo stile di vita, rientrò a casa sua, e cominciò a frequentare i colleghi dell’ufficio, giovani rampanti che aspiravano a rapide quanto improbabili carriere.
Sua madre ringraziò più volte la Madonna di S. Luca per avere messo un po’ di sale in zucca alla sua unica figlia così ribelle. Andò a messa nella basilica tutte le domeniche mattina per un anno, percorrendo a piedi i due chilometri e mezzo di portico che si inerpicano su per il Colle della Guardia, sgranando un rosario. Suo padre, uomo ateo nonché estremamente concreto, fece semplicemente finta di niente, tirando un colpo di spugna sui cinque anni di università della sua disgraziata figliola, come se non fossero mai esistiti. Non ci furono feste per il ritorno del figliol prodigo, non si uccise il vitello grasso. Semplicemente, in famiglia tutto tornò normale come prima, e nessuno parlò mai più del periodo “strano” di Stella.


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