Domenica, 18 Luglio 2021
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Il mistero dei dodici portici. La nuova indagine di Stella Spada di Lorena Lusetti di Felice Laudadio

Il mistero dei dodici portici. La nuova indagine di Stella Spada di Lorena Lusetti di Felice Laudadio

Il mistero dei dodici portici. La nuova indagine di Stella Spada di Lorena Lusetti

Damster, 2021 – Settimo episodio della serie della detective privata: un giallo della scrittrice bolognese che corre per le strade della città felsinea e sotto i portici candidati a patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco.

Felice Laudadio Pubblicato il 18-07-2021

Il mistero dei dodici portici. La nuova indagine di Stella Spada

Agenzia Investigativa Spada”: il lavoro per Stella Spada è aumentato da quando la targa in ottone spicca all’ingresso nel vicolo scuro, al centro di Bologna, sotto le Torri, nel Ghetto ebraico. Merito del sito internet della detective privata bolognese, ma soprattutto di quella lastra lucidata con cura ogni mattina dalla cara Alda e che che riflette la poca luce in Via dell’Inferno, attirando l’attenzione dei potenziali clienti. Il mistero dei dodici portici di Lorena Lusetti è apparso a marzo 2021 nelle librerie e nel mercato online (144 pagine) per i tipi Damster, marchio editoriale delle Edizioni del Loggione di Modena.

Stella è alla settima indagine, nel più recente dei gialloneri della scrittrice bolognese, che di titoli all’attivo ne ha tanti di più. Scrive racconti e romanzi di vario genere, anche se il preferito resta il noir.

Non si sfugge alla cabala del 7. I magnifici sette, i sette sapori, sette i giorni della settimana, le stelle dell’Orsa Maggiore, i samurai di Kurosawa. Giunta al settimo episodio di Stella, Lorena cambia passo rispetto al mistery tinteggiato di nero, avventurandosi in una scorribanda per le strade di Bologna e sotto i dodici portici, candidati al riconoscimento di patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco.

Volendo celebrare quell’obiettivo prestigioso per la comunità felsinea, il romanzo resta sempre giallo, ma con qualcosa del Baedeker turistico. La scrittrice bolognese ha reso la dozzina di porticati protagonisti di una storia che comincia a correre - in due sullo scooter - e non si ferma più, spostandosi da un colonnato all’altro nei rispettivi capitoli, preceduti dalle fotografie a colori che li immortalano, a opera di Alberto Alvisi e Luciano Lusetti.

La targa lucida attiraclienti? Tutto merito della Alda. È la vicina di casa di Stella, si può dire la sua sola amica: anziana, bolognese che più non si può e soprattutto eccentrica da morire. Si addobba di monili tintinnanti, indossa parrucche colorate e si trucca senza risparmio, non che la Spada sia da meno, con i suoi personalissimi accostamenti di colori. È arrivata a una certa età pure lei, ha lavorato da segretaria, è stata moglie, ha un figlio all’università. Quando s’intrattengono al bar, attirano gli sguardi di tutti e qualche risolino, non si sa se rivolto all’amica o a Stella, che preferirebbe passare inosservata, vista la professione.

Alda ha deciso di occuparsi h24 della detective. Cucina, tiene in ordine l’ufficio, la sprona a lavorare quando accenna a lasciarsi andare. Con la vicina, nella vita di Stella fa più volte irruzione Filippo, il cane sanbernardo dell’anziana, un bestione tutto pelo e bava, esuberante ed espansivo. Alla Spada non garba l’abitudine del gigante lanoso di lanciarsi da lontano verso di lei, poggiarle addosso le zampe da orso ed esternare l’affetto con slappate al volto da pulizia profonda del viso, senza conto dell’estetista. Inutile ricordare ogni volta ad Alda di badare a moderare gli slanci del fido: deve afferrarsi a qualcosa per non cadere. Nonostante tutto però, non potrebbe immaginare una vita senza la loro ingombrante presenza.

Entrando nell’agenzia, una mattina d’autunno, Stella sente poco dopo girare la chiave nella serratura e si abbarbica alla sedia per affrontare la plateale manifestazione di simpatia canina. Ma non sente ansimare in corridoio, niente unghiate assassine sul parquet, zampate sulle spalle e lingua spalmata sulle guance.

Non si presenta Filippo, ma un’Alda disfatta, in lacrime, il trucco colato pesantemente, la parrucca alla Raffaella Carrà di sbieco. Hanno rubato il cane, smozzica singhiozzando. Era entrata dal salumiere e l’aveva lasciato fuori, legato al palo del divieto di sosta. Uscita con l’involto della mortadella, il sanbernardo non c’era più.
Ma chi può avere rubato un colosso disubbidiente come quello? Nemmeno a pagare se lo prenderebbero.

Alda però è irrefrenabile. Pianto e tintinnio dei monili non si arrestano. Tende un biglietto spiegazzato, intriso di lacrime. L’ha trovato accanto al guinzaglio rimasto al palo. Qualche lettera è macchiata, ma si capisce ch’è uno scritto rivolto non a lei, ma a lei. Tradotto: è un messaggio del rapitore che invita Stella a un appuntamento, alle 10.

“Se Filippo vuoi riabbracciare, sotto il treno ti devi lanciare, riuscirai a farlo senza annegare?”

La Spada vuole raggiungere subito la stazione, con tutta la sollecitudine possibile. Provvidenzialmente, sopraggiunge il suo stagista Giacomo Puccini a rammentarle che una zona di Bologna è chiamata Barca e ospita un edificio lungo e basso, pieno di finestre identiche: il treno.

In due, sullo scooter di Giacomo, ma con il casco - almeno quella regola del codice stradale è salva - raggiungono il Portico del Treno, nel quartiere Reno, ex zona Barca. Il sequestratore non c’è, Filippo nemmeno, ma un ragazzino fa segno che hanno perso qualcosa. Un bigliettino, con un altro indovinello. Parola chiave: formaggio. Destinazione: la Certosa, il Cimitero Monumentale di Bologna, con il suo porticato.

È una frenetica ma vera caccia al tesoro, da un portico all’altro della città dei portici, trovando messaggi e incontrando varia umanità.

In pena per Filippo, Stella bisticcia all’infinito con Giacomo, minacciando più volte di licenziarlo, anche se non può farlo, non avendolo mai assunto. Viene scambiata per una ladra nel museo, bagnata da una palla d’acqua lanciata da bambini, accusata di voler rubare il sanbernardo di un altro…

Un giallo pieno di humour, che si consuma in un Amen, per la curiosità di vedere come va a finire.


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